CrackSi (“craxi” it.)

CrackSi (“craxi” it.)

CraCsi siamo noi.
Siamo noi quando parcheggiamo in divieto e ci lamentiamo della multa perché erano solo “5 minuti” e
quando prendiamo il posto dei disabili:
– che tanto facciamopresto(R), e ce ne sono mille altri occupati da tanti altri che fannopresto(R) e da altri ancora, che dopo di loro, farannoaltrettantopresto(R).
Quando aggiriamo il sistema, lo reintepretiamo e ne prostituiamo le regole; quando crediamo che la Verità sia un mezzo, non il Fine e come tale ne facciamo uso, scempio, relegandola a punto di vista.
Quando non abbiamo coscienza di medio termine, quando vediamo il mondo vivere e sparire con IO solamente e su quel mondo siediamo, come si trattasse di una Cesso.

Siamo noi, quando tolleriamo l’ingiustizia che avversa il nostro vicino – gravati di pochi minuti di tiepido cordoglio e limpidi nel menefreghismo del giorno dopo; che tanto non è toccato a noi. Non oggi, non ancora.
Quando davanti al macello sociale ci ripetiamo: fin qui tutto bene.
Siamo noi, senza Anima collettiva, coscienze stuprate dalle promesse di serenità dell’Individualismo Radicale e combattente. Noi, con giardini senza fiori e sempre più piccoli, circondati dalla Morte e dal Fuoco mentre brindiamo

A tormento Futuro.
Non ora.

CraCsi Siamo Io.

Si. Ma

Fin qui tut

Vite al Limite

Mi faccio di Vite al Limite.

Nelle notti imbiancate dei miei 40 e dopo aver raggiunto una sana Nausea estetica guadagnata guardando ogni possibile programma che tratti di cucina non c’è spazio che per Loro: I Molossi.

Membra sovraesposte musicate da accordi di pianoforte, cantate da voci strozzate, strangolate nella morsa di un eccesso ciclico che si rinnova con una ansiosa quotidianità.

Mi spaventa, mi deprime e mi lascia stordito e fluttuare come tra le pieghe impossibili di quelle pance – di quei giri vita che non si spiegano, che sono opere popart viventi a descrivere le parabole mute di un lungo blackout esistenziale.

La disperata corsa all’indietro verso finali invisibili.

Pripjat di forma bipede, terrificanti colossi del Declino che ci ricordano la caducità esistenziale, l’esilità della Ragione che dimagrisce fino a sparire davanti ad archi dorati e Mirabili cibi spazzatura Nel lussurreggiante psicotropo e alienante di un grido ripetuto in loop: MANGIA

Consuma

Consumati

Sei Dio ora. Uno e trino

Ed io, terrorizzato, ti tributo la mia Paura

Fly Lufthansa

Pulsazioni.L’orizzonte si contorce in uno spasmo tra carni lucide di miasmi e grondanti fluidi.

Prima un rettangolo che si fa ellisse ed ancora si stringe fino a scomparire in una linea troppo sottile per essere percepita ma, affilata come un coltello, attraversa diverse consistenze cerebrali lasciandomi preda di una indefinita catatonia emotiva.

È il cielo su cui cammino, striato nell’armonica da latrati infantili, l’immenso terreno di luce che non eclissa, che offende lo sguardo per un potenziale infinito facendosi regola geometrica divenendo una sequenza numerica composta ed ordinata a rappresentare il caos che nascondo e che non ha definizione terrestre.

Una dispersione continua nel flusso del tempo, che corrode e divora la materia delle nostre esistenze, che ci confina all’abisso ordinato, a stalle ricolme di merda di cui ormai abbiamo imitato i colori fino a renderle profumate ed appetibili; che ci vuole atolli in cimiteri d’acqua.

Ajeesh e Jelastine chi?

Siamo sempre una massa di inconfutabili semistronzi con la memoria corta quanto il membro di Kim Jong-un.
Penso ai maro  da tempo e la cosa che più di tutte mi indispone è che ormai nessuno parla del perché siano in attesa di processo ma solo di pertinenze o per dirla all’italiana, di fòro competente.
Nel febbraio 2012, Girone e Latorre imbarcati su un mercantile (la Enrica Lexie) aprono il fuoco su due pescatori indiani ferendoli a morte. Due persone che non hanno nemmeno diritto di memoria (qui da noi, quantomeno) che forse erano nel posto sbagliato e nel momento sbagliato o forse no, questo verrà chiarito in sede di dibattimento, ma che di certo non meritavano di fare una fine così indecorosa.

Diciamolo, sei li che peschi e ti sventagliano una raffica di Beretta AR – non è bello.

Ajeesh Pink e Valentine muoiono sul ponte della nave dove lavoravano, come due stronzi e l’unica cosa di cui si parla non è se sono state violate le regole di ingaggio, se si tratta di un’azione legittima (ma l’omicidio lo è mai?) o di un assassinio, se sono stati avvisati adeguatamente – no, noi ci preoccupiamo SOLO di dove si svolgerà il processo in modo da evitare aprioristicamente l’eventualità della pena di morte, che vige a tuttoggi in Kerala.
Acque internazionali, non acque internazionali, Italia, India, legittimità della prigionia.
Si ammalano, rientrano, forse restano ma poi no, glieli ridiamo e in qualche modo che ancora ignoro i due militari assurgono alla mistica propria degli eroi – perché noi siamo fatti così, come dicevo nella prima riga di questo articolo, ci basta poco un gol ai mondiali una maglia rosa e sei l’eroe del momento.
Mi ricorda il caso di Joseph o’Dell, messo a morte nel 1997 nonostante all’ultimo momento fossero state confutate alcune prove assolutamente determinanti sul processo che lo aveva portato nel braccio della morte con l’accusa di stupro ed omicidio: la salma venne trasferita (e fortemente voluta, nonché pagata a spese dei contribuenti) in Italia e gli venne dedicata una lapide in marmo di Carrara con dedica in doppia lingua. In sua difesa intervennero anche il nostro papa polacco e Madre Teresa.
Tutto molto bello, peccato che fosse già stato condannato precedentemente per aggressione, rapina e omicidio colposo quindi, ok, illegittima la pena di morte ma anche la causa per la beatificazione pare essere un tantinello sopra le righe…no?
No. Evidentemente no.

Non basta? Cermis, sempre a febbraio come per i maro, un’aereo Grumman EA-6B Prowoler vola coglioneggiando sui cieli della Val di Fiemme durante un’esercitazione e lo sapete come sono gli americani, caciaroni e giocherelloni, quindi vira di qua che viro di la tranciano i cavi di una funivia turistica provocando la morte di 20 persone.

Ci stiamo avvinando per verosimiglianza?

Il pilota è un marine, Richard J. Ashby, subito l’Italia ne chiede metaforicamente la testa anche perché si scoprirà nell’immediato che i nastri delle conversazioni che interessavano il caso erano stati colpevolmente distrutti subito dopo l’incidente.
Niente da fare, l’America li vuole giudicare a casa loro e quello che da noi sarebbe stato giudicato omicidio preterintenzionale da loro si trasforma in una blanda sentenza di congedo con disonore senza altre conseguenze legali.

Ovviamente la loro difesa sostiene che l’altimetro era guasto, come noi sosteniamo tacitamente che Latorre e Girone abbiano agito in perfetta concordanza con le leggi internazionali.
Ovviamente la convenzione di Londra stabilisce che i militari NATO vengano processati nei loro rispettivi paesi (per eventuali crimini commessi in paesi alleati), come noi sosteniamo che essendo in acque internazionali abbiamo il diritto di gestire il processo in sede diversa da quella che invece gli indiani ritengono pertinente. Detto questo, ai tempi si innestò un caso diplomatico di grande impatto che incrinò (per poco pochino) le relazioni Italia – Stati uniti, dove noi volevamo giustizia e punizione adeguatamente severa e loro portarsi a casa “i loro uomini” per gestirsi la cosa tra le 4 rassicuranti mura della Virginia.
Le prove, come sempre, ognuno le legge in base al punto che vuole sostenere – violazioni delle regole di ingaggio, velocità eccessiva dell’aereo, quota troppo bassa, mancata segnalazione nelle carte aeree dei cavi della funivia, mancato avviso ai pescatori, intralcio alla giustizia, distruzione di prove.
Le prove diventano soggettive.

L’unica cosa oggettiva, come sempre, sono i Morti.

Non Esiste più l’Est

Non esiste più l’est e non mi consola l’idea di definirmi in altri punti cardinali.

Appena ho appreso la notizia mi sono precipitato di corsa a comprare scatole e scatole di carne bovina in confezione da 125 grammi, così, per essere sicuro di non rimanerne senza.

La calca ed il panico ovunque, tutti quanti passeggiavano simulando indifferenza ma io potevo avvertire in loro un acuto e sottile terrore.

La ragazza bionda che pesa la verdura è crollata per esempio, ed anche se si è giustificata davanti agli altri abbozzando il fatto che le avevo fatto pesare 32 volte i pomodori, io ho saputo cogliere le vere motivazioni della crisi isterica che l’aveva assalita.

Ho poi stabilito una media ponderata dei 32 pesi che la bilancia elettronica aveva misurato e contemplato il banco della frutta secca, in particolare i ceci americani.

Relazionando la quantità di frutto ingerito rapportato direttamente al peso complessivo del cece americano mi risulta difficile credere che il resto non sia commestibile; tutto quello spreco sarebbe illogico.

In data Venerdì 17 Marzo del 1997, data in cui concretai la mia teoria sul cece americano ingerendone l’intero frutto davanti agli occhi increduli di un folto pubblico di avventori, fui bloccato prima della fine del mio esperimento da alcuni uomini vestiti di bianco che si erano preoccupati del fatto che fossi caduto riverso al suolo.

Ho successivamente tentato di spiegare ad un dottore che mi stava visitando (perché questo è il ricordo successivo agli uomini in bianco) le importanti motivazioni che mi avevano spinto a quel gesto; mi hanno dato un ansiolitico, anche se ancora oggi ne indago le motivazioni.

Ho caricato le scatolette di tonno una ad una, cercando di bilanciare il peso equamente all’interno del carrello ma anche questa mio accorgimento, tutta la meticolosa preparazione del carico di spesa è stato vanificato dall’urto della Signora Grassa.

La Signora Grassa mi segue ovunque!

Non fa parte del genere umano, è un essere informe e crudele che vuole solo il dominio del mondo e, cosa più terribile, si muove in mezzo all’indifferenza e la paura della gente.

Le scatolette sono rotolate attraverso la superficie del carrello producendo un fastidiosissimo suono metallico ed hanno scomposto la struttura che avevo predisposto per il loro trasbordo in un sacchetto di plastica riciclabile.

Ho guardato con odio la Signora Grassa, è la prima volta che ho il coraggio di farlo, e le ho urlato contro per allontanarla da me e lei ha urlato a sua volta rivelando finalmente la sua vera natura di Essere Ostile.

Ho fatto quindi l’unica cosa che un uomo coscienzioso avrebbe potuto fare, l’ho massacrata con una delle mie scatolette colpendo ripetutamente il lobo occipitale fino a sentirlo molle sotto le mie mani.

La gente fuggiva terrorizzata dagli strepiti della Signora Grassa e nonostante li rassicurassi del fatto che non avrebbe più potuto nuocere la paura che aveva saputo imprimere nelle loro fragili menti era tanta, palesata forse anche dell’impeto della liberazione che stavo donando loro.

 

Mi portano via ancora, questo lo accetto, forse mi premieranno con quel bastone.

L’Armata dei Quarantenni

Il fascino della Ribellione non decade, si conserva nei cassetti con l’aiuto della naftalina o di generici antitarme.
Un tempo un preciso stile di vita, ora quasi una forma un po’ triste di cosplay dove ci si maschera dal Noi che fummo, metallari, rockers – fintamente fuori dal sistema, verosimilmente dentro un suo sottoinsieme. Venn Insegna.

La bandiera è quella maglia dei Manowar o dei Metallica comprata ad un Gods of Metal del millennio(cristiano) precedente, quella che portiamo in casa che è sfuggita alla presa di una moglie meticolosa mentre stava per essere trasformata in uno straccetto per la polvere. Scritte sbiadite da un improprio numero di lavaggi, senza più una forma precisa ma simboli immarcescibili di quegli anni che ci hanno definiti.

L’accompagna il ricordo di giornate torride, tasche vuote e sensi annebbiati da Ceres e cannabinoidi, trasferte impossibili, viaggi in treno interminabilmente magnifici e cessi ridotti peggio di una cloaca bangladese; per i più arditi, anche un foto fatta con una usa e getta a ritrarre volti cupi e l’indomita coppia indice/mignolo. Tre lettere: YEA

Oggi la birra fa gas, e non aiuta la gastrite cronica da stress e la digestione lenta, ma ci buttiamo lo stesso con determinazione addosso ad una media spinata in un bicchiere di plastica, non sa da un cazzo ed è ghiacciata come l’anima della Fornero, sappiamo che da li a pochi minuti ci condurrà secchi alla turca chimica, ma fa niente.

La fame la spegniamo addentando un tostino che ci siamo preparati a casa, avvolto in carta stagnola del discount, mestamente, in un angolo, per diminuire la propria visibilità, mentre le toppe dei Running Wild e dei Kreator cercano affannosamente di scollarsi da quel vecchio giubbetto di denim smanicato, per la vergogna.
E poco male se con l’altra mano imitiamo un tenue ondeggiare per fare addormentare il pargolo nel passeggino; sicuramente non saranno quelle manciate di migliaia di watt a tenerlo sveglio, no?

Stessi volti di sempre, molte più rughe e molti meno capelli, e la gente che si salutava con una bestemmia oggi si abbraccia  e si scambia odiose umidità sulle guance, ci si apostrofa blandamente e chi ha qualcosa da ricordare si atteggia a veterano della guerra cambogiana rimestando aneddoti sempre più esagerati e arricchiti di particolari clamorosi e discordanti.
Le luci del palco non si specchiano più su quegli occhi che sfidavano il futuro, ma su ampie pelate e chiome argentee – e mentre tutto sembra destinato ad aumentare il senso di un nostalgico ed ineluttabile degrado parte la musica e cancella ogni cosa che ho detto e scritto, la matematica svanisce e con lei il senso dei numeri e del tempo, il suono fa cagare, la musica spesso pure ma è Rock e l’Anima lo gradisce e gli sfinteri vibrano all’unisono tra suoni di chitarre distorte, guaiti e bestemmie senza finalità mentre scopriamo che i nostri 16 anni sono una condizione mentale magnificamente cronica.

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