Il problema della gente involuta, della Gente in senso ampio, è la mancata assunzione di responsabilità a cui segue una costante ed imperitura opera delatoria che va a carico dell’insieme esclusione Me Stesso.
Abbiamo poca pratica con i giudizi riflessivi, con l’autocritica lucida e con l’accentramento delle colpe – conosco pochissime persone con un livello ordinario di autostima che dopo aver riflettuto se ne assumono consapevolmente un eventuale carico. Troppo poche.
Ovviamente i tapini che fanno dell’autocommiserazione fatalista il loro cuscino emotivo sono ridotti anche peggio di quelli che sono convinti di essere infallibili – anche qui il giusto si posiziona abbastana a metà via tra questo 0 e 100 che ho appena definito.
Certo l’esagerazione, il parossismo, hanno un grande fascino.
Ho fatto ragioneria, sono uscito con 36 (su 60, detto anche 36 politico – il minimo).
Posso dare la colpa al mondo, a casa non mi capivano, mio padre era morto quando avevo 15 anni, gli insegnanti ce l’avevano con me (beh, UNA ce l’aveva con me, ma credo che aujourd’hui sia stramorta, la Bastarda), qui una volta era tutta campagna e non ci sono più le mezze stagioni – ma la verità è molto meno composita dell’infinito numero di concause occorse a concretarla. Non studiavo e non andavo a scuola.
Nel mio ultimo anno da studente sorpassai i 120 giorni di assenza, le confortevoli sale al piano rialzato del Caffè delle Arti erano spesso più allettanti delle tetre camerate disadorne dell’istituto tecnico commerciale: scuola assolutamente senza fascino.
Oggi potrei essere famoso come Fanfani, o almeno come Costantino, potrei avere un lavoro strapagato in una partecipata, essere un camorrista temuto – o tutte queste cose assieme.
Oggi faccio il muratore, faccio l’elettricista, sono magazziniere, stendo l’asfalto per strada, lavoro come lavapiatti: colpa degli immigrati.
Ieri era colpa dei terroni, oggi degli albanesi e dei rumeni, che rubano a diverso titolo, ci sottraggono il lavoro, accettano condizioni lavorative degradanti ed abbassano la qualità dell’offerta lavorativa. Facevo il camionista, ero ricco.
Rappresentante ricco.
Oggi c’è il Jobs Act. Fornero.
Siamo tutti licenziabili, per colpa della Kamchatka. La prostituzione. Badanti.
Negri in secondo piano, adesso Balcani – voi dopo. Pomodori.
Ho 50 anni e sono senza lavoro, sono incazzato ed è colpa dei polacchi: polish vermin. Brexit. Colpa di Tizio.
Sia mai che ci sia una parte di responsabilità di chi ha partorito e cresciuto questa classe politica corrotta, di chi ha permesso che i diritti dei lavoratori e lo stato sociale venissero erosi, degradati, svuotati dei loro contenuti, rimanendo Cornici Rosse senza tela.
Di chi si è adeguato, si è piegato, si è negato alla lotta e beveva mojito mentre il mondo gli si sgretolava attorno: di chi ha detto si quando c’era da dire no, di chi ha detto che tanto non cambiava niente.
Indolenza, pigrizia, rate per l’iPhone 6. Cosa fa mio figlio la sera?
La retta dell’asilo è troppo cara.
Il piccolo vortice delle umane cose che si cimenta ad agitare detriti di quotidianità facendoci sentire meno responsabili e più vittime.
Vittime di Io.
Io, tornasse a casa Loro.
Qua è mica il paese del Bengodi, 70 euro al giorno, Mercedes sotto al culo. Bevono e Rubano, le carceri piene.
Sempre noi, che abbiamo le palle impigliate talmente strette nella morsa del garantismo e del semprefinto buonismo che siamo incapace di gestire la novità di flussi umani provenienti da culture profondamente diverse e che magari non condividono la nostra scala valoriale.
Noi incapaci di imporla e farla rispettare, e allora fuori il delinquente che non ha nulla, fuori Dimitri ed Alexandru – in galera io però se non pago l’ENEL mi staccano stato di merda. Noi che passiamo dal poverini a bruciamoli tutti in una manciata di secondi, abbondando di idiozia tra estremi.
Brexit. Italian dogs. Italianen. Vietato l’ingresso a cani e italiani.
Ma poi chi lo fa il caffè, coglione?
Tornate a casa! Torno a casa. Cos’è casa?
Blame. Whatever.
Lo specchio, prima che sia troppo tar