Vite al Limite

Mi faccio di Vite al Limite.

Nelle notti imbiancate dei miei 40 e dopo aver raggiunto una sana Nausea estetica guadagnata guardando ogni possibile programma che tratti di cucina non c’è spazio che per Loro: I Molossi.

Membra sovraesposte musicate da accordi di pianoforte, cantate da voci strozzate, strangolate nella morsa di un eccesso ciclico che si rinnova con una ansiosa quotidianità.

Mi spaventa, mi deprime e mi lascia stordito e fluttuare come tra le pieghe impossibili di quelle pance – di quei giri vita che non si spiegano, che sono opere popart viventi a descrivere le parabole mute di un lungo blackout esistenziale.

La disperata corsa all’indietro verso finali invisibili.

Pripjat di forma bipede, terrificanti colossi del Declino che ci ricordano la caducità esistenziale, l’esilità della Ragione che dimagrisce fino a sparire davanti ad archi dorati e Mirabili cibi spazzatura Nel lussurreggiante psicotropo e alienante di un grido ripetuto in loop: MANGIA

Consuma

Consumati

Sei Dio ora. Uno e trino

Ed io, terrorizzato, ti tributo la mia Paura

La Donna Androide e La Pizza

La donna androide procedeva a passo dell’oca, sguardo perso nel vuoto, reggendo il consueto box per pizze: senza pizza. Da tempo preferiva questa pratica all’usuale accoppiamento con i pioppi, ritenendola più dignitosa in ragione della sua età e della sua statura media, diviso 2 per 4.
L’ho veduta percorrere strade grigie come pelle di topo, striate da un sole disperatamente in fuga da tetti troppo alti, con raggi incapaci di percorrerle. Gli altri, tutti, troppo impegnati per notare la donna androide passeggiare liquida tra i suoi neri marciapiedi.

La donna androide!
La donna androide!

Non ha sentimenti che possano occupare spazio oltre al parallelepipedo di cartone che regge saldamente tra entrambe le mani e che porta innanzi al costato, come uno dei re magi nelle statuine del presepe.
Non ha fame, non ha sonno e non prova odio quando priva le persone della vita.

Lo fa perché deve.

Perché qualcuno ha il dovere di farlo, Lei, mentre l’immagine del Maligno fa capolino in abiti da pizzaiolo ad infornare anime di mozzorella e pomodoro, la donna androide sarà per strada a trasportarle in empio cartone oltre le rive dello Stige.

50 centesimi per occhio, iva inclusa.

Fiorivano le Calle

Il suono di ossa spezzate si accompagna al silenzio come vino su carne grondante sangue.

Forma un tappeto discontinuo e terribile, una pausa che divide due identici orrori pronti a consumarsi ed a risuonare come un fischio muscolare tra le cavità uditive ed attraverso il cervello, a riempire ogni interstizio cefalorachidiano, facendolo risuonare e vibrare come la pelle di un tamburo.

E’ la Bellezza che si estrinseca nei limiti della meccanica umana: Torsioni, impatti, iperestensioni.
Suoni, sordi, stridenti e sibilare immaginifico di membra indagate nelle loro proprietà elastiche in mondi quadrati e rigidi come parallelepipedi.

Mentre fuori fioriscono le Calle.

Io & la Droga

L’ho fatto di nuovo.
Ero pulito da 20 giorni, ma ieri mi sono inoculato una dose massiccia
di Duplo, 5. Confezione risparmio.
Ero felice della mia ritovata lucidità ma ieri era uno di quei giorni, mi sono ritrovato al CONAD di paese quasi in una condizione di trance, inconsapevole.
Alla cassa ho presentato la sola confezione familiare della Kinder, aperta – uno me lo sono sparato in seconda corsia, nell’intimità che solo la pasta Barilla sa offrire.
Il nocciolatoleggero mi è finito in vena in un attimo, a quelo punto dell’espressione giudicante della cassiera non me ne fregava più niente; c’eravamo solo Io e lo Zucchero.
Un mondo perfetto.
Al Duplo sono arrivato per gradi, il primo contatto con Kinder è stato totalmente differente – un Cereali, che ai miei tempi si chiamava DuploRi. L’aveva in dispensa una sorella di mia nonna, me lo offri per merenda e la mia vità cambiò: avevo 9 anni, ad 11 spacciavo già le Barrette fuori scuola per procurarmi i soldi per i Kinder Maxi, sono sempre stato avanti rispetto ai miei coetanei.
La mia famiglia non mi ha mai capito.
Da li il passo verso la dipendenza è stato brevissimo ed a 16 anni scassinare distributori automatici o rapinare gli autogrill era semplicmente il mio quotidiano barcamenarmi tra l’ebbrezza e l’astinenza.
La prima sempre più breve, la seconda sempre più feroce.
Ho provato ad uscirne, ho fatto un ciclo di Toblerone che è durato qualche settimana – ma ogni morso nel croccantino non faceva altro che ricordarmi quello stato di eccitazione sessuale che mi procurava il Duplo.
Ho avuto anche una ragazza, ma non è durato. Si faceva di Mulino Bianco.
Incomparabile.
Vuoi mettere la famiglia kinder con quella del Mulino?
3 desideri in uno? Comprate tutto quello che volete? Una sorpresa su 5?
Ho saputo che è morta di overdose da crostatine, l’hanno trovata riversa al suolo nei bagni di un Esselunga di Corsico, sporca di cioccolata di bassa qualità.
A me non capiterà, io so controllarmi e posso smettere quando voglio.
Domani.
Forse.