Meglio un figlio drogato

 

comandano loro:

le lobbi frocie

e io ti sputo, merda

con le mossette, che mi fai schifo

che ti odio, che sei diverso

che io sono migliore, gaypride schifo

lo dice sempre mio papa’

che siete merda, che siete ridicoli

con quei capelli, con quella voce, con quella camminata

checche froci

eltongiòn, mercuri che è morto sieropositivo di merda perché

si faceva spakkare, ahah, che schifo

me lo spiegava babbo dicendomi che se ero così era meglio che morissi drogato

con un braccio stile groviera, con la faccia sul mio vomito

e tu 17 anni, nato nel 2000 non fai meno schifo

medioevo RULEZ! involviamo porco coso!

te lo urlo che sei frocio, perché sono Uomo io

perché sono Uomo, e se urlo di Più,

come mio papa’

che caricava trans – che lo caricavano

hanno le tette

grossepalle e tette

e ti sfondano, ma con le tette perché senza siamo froci

ed io come lui

perché senza siamo

perché senza

perché

 

Ravenna: “Io, lasciato fuori dall’ambulatorio in cui visitavano il mio compagno”

 

OmbrA

Mi raggiunge
in forma d’Ombra
perdendosi in tenebra più densa,

al centro di una fiamma, Nudo ed Orribile
a giacere irriso da Perfezione intangibile
non toccato dalla sua luce
ne bruciato dal suo calore

Perché questa afona frenesia, allora?
Perché la testa è improvvisamente una sfera di granito
appesa su un lembo flessibile come gomma?

Il furore.
IL FURORE!

QuasiQuasi

Parli
non provo niente
stringo tra le mani questa cosa
non provon
troppo VOLUME!
nonprovoniente
cani gridano in bocche sbarrate
non
contorti volti lunari curvano verso il fuoco
e non possibile che io provi nulla perché?
CONDANNACONDANNA
NON PROVO NULLA ANZI NIENTE!
cacciavite in gola!
ctrl+V
suoni inediti poi umidi poi tonfi
nonprovo provo
il Silenzio ancora
sangue/sollievo/relief ordino pizza o cinese?

non rileggo

 

La Donna Androide e La Pizza

La donna androide procedeva a passo dell’oca, sguardo perso nel vuoto, reggendo il consueto box per pizze: senza pizza. Da tempo preferiva questa pratica all’usuale accoppiamento con i pioppi, ritenendola più dignitosa in ragione della sua età e della sua statura media, diviso 2 per 4.
L’ho veduta percorrere strade grigie come pelle di topo, striate da un sole disperatamente in fuga da tetti troppo alti, con raggi incapaci di percorrerle. Gli altri, tutti, troppo impegnati per notare la donna androide passeggiare liquida tra i suoi neri marciapiedi.

La donna androide!
La donna androide!

Non ha sentimenti che possano occupare spazio oltre al parallelepipedo di cartone che regge saldamente tra entrambe le mani e che porta innanzi al costato, come uno dei re magi nelle statuine del presepe.
Non ha fame, non ha sonno e non prova odio quando priva le persone della vita.

Lo fa perché deve.

Perché qualcuno ha il dovere di farlo, Lei, mentre l’immagine del Maligno fa capolino in abiti da pizzaiolo ad infornare anime di mozzorella e pomodoro, la donna androide sarà per strada a trasportarle in empio cartone oltre le rive dello Stige.

50 centesimi per occhio, iva inclusa.

Club Amici della Loggia Nera

Sono assolutamente curioso di vedere quanti amanti della serie Twin Peaks residueranno dopo la terza stagione.
Perché?
Perché la mano di Lynch, del suo immaginario, del suo ricorrere ad elementi APPARENTEMENTE slegati dal contesto, del suo senso del surreale in queste prime tre puntate è stata calcatissima.
E’ chiaro che, conquistata la notorietà, abbia dettato il calendario della sceneggiatura a suon di aut-aut piazzandosi spesso e di molte misure oltre all’autoreferenziale.

Piacevolmente.

Amo Lynch, non l’amavo moltissimo ma credo che sia come bere whisky, non puoi abboccare subito prodotti troppo complessi perché rischi di non capirli ed attraverso l’incomprensione, arrivare stupidamente al disprezzo della categoria intera.
Certo, puoi cialtroneggiare con la tizia ed ingollare il whiskone delle Islay che ti si aggrappa alla gola come un cazzo incapace di scendere mentre il cervello, spinto dal pianto materno delle papille gustative, ti grida come una tifoseria laziale “VOMITAVOMITAVOMITA” e celare il tutto con contrazioni muscolari del volto, ma resta il fatto che vivi nella bugia e quindi perdi 2 volte.
Amo Lynch, dicevo, ma ai tempi NON guardai la serie Twin Peaks perché era giovane, ero metallaro quando ancora significava qualcosa e insomma, a 15-16 anni non ce la fai ad essere mainstream. Avevo il mullet ed un chiodo nero con le frange che una puttana lavandaia mi ha rovinato, vivevo odiando il prossimo – mentre oggi non ho più il mullet.
Troppo hype, troppo interesse “chi ha ucciso Laura Palmer?”: Pacciani, ad occhio e croce.
Tutto a mio discapito, fare gli anticonformisti è una limitazione sul piano delle libertà individuali che si concreta in una serie di scelte geometriche e spaziali condizionate dalle cose che ci imponiamo di non fare; perché sarebbe da conformisti.
Ed ecco che se iniziassero a regalare oro ed il medesimo metallo fosse malauguratamente di moda si vivrebbe da poveri o da ricchi cialtroni – di quelli che si autoassolvono ed autoperdonano con una frequenza rotativa da V12, ma son scelte – appunto – sacrosante in quel mentre ma che viste dalla luna rivelano tutta la loro futile parzialità.
Ho finito di vedere le 2 stagioni di Twin Peaks ed ho riVisto Fuoco Cammina con me qualche giorno fa: da allora mi chiedo con una certa veemente ciclicità come avesse fatto ad avere tutto quel successo.
Se guardandomi le due serie che hanno degli alti difficilmente arrivabili e dei bassi stratosferici  (del tipo “sto guardando Centrovetrine?”) si vede che c’è comunque un tentativo di rendersi comprensibile a tutti, di essere vendibili, qui tutto questo interesse verso la piacioneria un po’ sbruffona, fortunatamente, latita.
I tempi registici sono i suoi – chi è abituato a film stile Cameron/Abrams e non riesce a fare a meno di una prosa rutilante ed una cospiqua dose di sbandamenti ammazzamenti detonazioni è meglio che si limiti alla locandina – pena una encefalite letargica fulminante.
Però c’è la Loggia Nera.
La Magnifica Loggia Nera.

L’immaginario e le allegorie sono le sue.
La regia, insomma, è veramente Sua.
Ed a me piace.

Piacerà a chi ama Lynch, a qualche cialtrone che non lo capisce ma ne declama la Beltà come davanti ad un Kandinskij mentre sono abbastanza certo che molti altri diranno che è una Porcata. Per gusto personale, perché sono metallari frustrati come me e Lynch è mainstream ed altri ancora, semplicemente perché non è alla loro portata.

Perché
Non cominci a bere whisky con i torbati.

Vota Trump

C’era che c’ero io e non c’era lui.
C’era che la gente si è stanKata, con la Kappa, con

C’erano i Messicani, i terOni e forse i negher al governo. Son sicuro che Uno c’era.
Uno c’era e non guidava una Duna ma dalla Duna veniva.
Oscar sulla fiducia per Negri sfiduciati.
Muri, a casa, Muri di casa dentro casa perché l’erba del vicino è sempre più cara.
L’erbe del vicino C’era ed era Legale.

C’erano convessità. C’erano menti superiori, nel senso degli angoli, nel senso di quelli che superano 90 gradi ma non superano i 180, che ti mettono a 90 gradi fin quando arrivi ai 180. Tante. Brillanti come toupée, tinti ratti biondi. Tanti Tinti Ratti.
Ceppiratti.
Pop Giocattoli.

Ivana e le bambole dei sogni. C’erano gli anni 80.
C’eravate. ?.
Non c’è più niente.
C’è solo la Polvere ideologica, residui fecali di socialismo ed olezzi assortiti in politici vespasiani zeppi di identiche omologhe diversità.
Meglio A. Meglio B.
Donatori universali. Universalmente donati ad A e B.

Insignificanti ditteri. Dittonghi Esistenziali che non esistono più e quindi cosa scrivi a fare?

31 a useless film by Rob Zombie

Carina Sheri Moon Zombie.
Fine del film.

Se avete visto the Purge (episodio centrale, magari), Devil’s Rejects, House of thousand Corpses avete indirettamente visto 31.
Un film stanco, un film non ispirato, un film che suona come uno di quei pezzi disco riciclati sulle nenie estive ripetute e ripetitve, trovato il riff, il motivetto – cambiati alcuni elementi sul synth ed ecco pezzonuovopezzovecchio.
More of the same.
Nepotismo all’ennesima potenza.

Carina Sheri Moon, ma non è esattamente Bette Davis e fargli un film addosso come è successo con the Lord of Salem (che mi è piaciuto, soprattutto per la fotografia) può funzionare per un numero limitato di volte: diversamente si corre il rischio concreto di ripetersi.
E qui ci si ripete

Assassini pazzi, mecenati degli assassini della buona società ancora più pazzi, assassini illuminati e motivati/motivanti (Doom Head, l’unica interpretazione che tiene su il film – pur senza mai scostarti da millemila deja-vu) e le vittime inusualmente reattive e aggressive, ma comunque alla mercè della follia omicida di XYZ come nel peggiore degli slaughter movie degli anni 70-80.

Periodo storico di riferimento per il regista. Again. Come nei già citati Devil’s Rejects e HoTC – stessa lisergia fotografica, stessi stacchi vagamente pulp, vagamente Tarantino (altro fan dei midnight movie anni 70) – sovraesposizioni, sfocature da pellicola Super8.
Again and again.

La trama originalissima.

** SPOILER **

Un gruppo di artisti viene rapito e piazzato in questo enorme complesso industriale, rivisto come una trappola/labirinto e deve sopravvivere per 12 ore (the Purge) – lasciato alla mercè dei soliti psicopatici che non si sa bene cosa facciano per il resto dell’anno.
Tutto questo per il piacere sadico di alcuni altolocati membri di una supposta altasocietà borghese (the Purge) vestita in stile Rondo’ Venexiano, ma senza maschere.
Alla fine si salverà solo Sheri Moon Zombi (MA DAIII?) ma forse no perché il finale è aperto.
Ovviamente l’assassino non è mica il solito Pacciani – no, è sempre acconciato a personaggio tematico (the Purge), Nazista, Clown (again…) zeppo di paradossa follia che trova disperatamente normale l’atto di uccidere/torturare e seviziare. Va bene.

Anzi no. Non va bene.
Ci sono tutta una serie di stronzate ammorbanti che non sto ad elencare, ma concorrono al fallimento della pellicola in oggetto la quale finisce per essere un collage di altre cose messe li alla peggio e senza reale ispirazione.

Certi di un Vostro celere disinteresse ed in attesa di un vostro celere riscontro vi inviamo i nostri più sinceri saluti.

Pazuzu

No, no. Aspetta.
Ho adorato Devil’s Rejects, mi è piaciuto anche il remake di Halloween – quello con il biNbo equivoco. Perché sta cagata Rob? Ti servivano soldi? Te li presto io la prossima volta, ma fai meglio, altrimenti ti mando mia cugino che fa karate.

 

Revenge of the Nerds [?]

Io i miei anni da imberbe me li ricordo ancora abbastanza bene: soprattutto quelli che hanno preceduto i 15, quindi fino alla “vecchia” terza media e prima superiore.
Oggi mi guardo attorno ed è tutto un inaspettato fiorire, sui social di ogni classe e categoria, di gente che paventa nerdismo come fosse una virtù, qualcosa di cui essere orgogliosi e di cui vantarsi.
Non me lo spiego.
Non mi ricordo fosse particolarmente piacevole farsi irridere dai soliti imbecilli, da quelli che oggi chiamiamo Bulli ma che ai tempi non avevano nessun tipo di etichetta perché erano semplicemente i maschi e le femmine dominanti di quel nutrito ecosistema giovanile. Certo va anche detto che ai tempi, quei tempi, il termine Nerd in Italia non esisteva nemmeno ma nel gergale di utilizzo quotidiano c’erano comunque tutta una gamma di sostantivi da utilizzare in sua vece, cose meno anglofone tipo secchione, sfigato, perdente e via discorrendo.
Le matte risate! A passare anni a schivare le manifestazioni di frustrazione dei compagni, che spesso avevano la famiglia demmerda e la mamma puttana di quelli e che presi singolarmente non valevano nemmeno l’equivalente di una sorpresa trovata nelle patatine Pai, ma che in gruppo avevano il vero e proprio potere di controllare e gestire il tuo tempo, alpiù rovinandolo sistematicamente e trasformando anni di studio scolare in una specie di agonia ingiustificatamente prolungata.
C’era chi cercava di stare al passo, lo ricordo, ma c’era anche chi come me trovava, senza capire cosa fosse, qualcosa di sbagliato e di dissonante nei fallimentari tentativi di omologarsi e finiva naturalmente a ripercorrere i suoi passi, indipendentemente dalle ripercussioni. Il Diverso.
Essere così non era una opzione ma perlopiù un peso, qualcosa che ti dovevi portare dietro nonostante tutto e tutti: una non-scelta con la quale dovevi convivere, senza capirla o apprezzarla e soprattutto con la capacità cognitiva di quell’età.
Ho un ricordo che mi da i brividi ancora oggi, e per fortuna è solo per riferito – questa ragazza, ex-bullo (se mai può essere possibile usare il termine “ex” per l’imbecillità) che a distanza di anni ricordava come avevano preso per il culo un loro coetaneo che in classe aveva letto questa poesia con troppo trasporto fino a commuoversi. L’entusiasmo di un insegnate, come consueto, corrispondeva alle ritorsione ed agli sfoghi delle solite piccole merde.
Ricordo e associo ancora a questo racconto un nitido senso di orrore frammistato a genuino e distillato odio.
Oggi si autodefinisce nerd l’appassionato di Sci-Fi o serie televisive, il giocatore abituale di console, quello che ha la fissa di Star Wars?
Ma oggi quelle cose sono cool, hanno i loro macrospazi, sono aggregatori mostruosi per persone di ogni genere di estrazione sociale, cazzo ci azzecca tutto questo con il nerdismo?

Con i pomeriggi passati a giocare su un Commodore 64, ad imitare i Ghostbuster visitando case abbandonate ed inventandosi avvistamenti di mostri e fantasmi, con le giornate passate in sala giochi a 100 metri dal mare con 400 lire in tasca, con l’essere chiamato sistematicamente per ultimo quando si facevano le squadre, con i fortini, i cartoni animati e la sistematica esclusione dalla maggiorparte degli sport competitivi?

E’ più di una maglietta, più di un hashtag, più di una barba – è una forma mentale sviluppata in anni di vessazioni, quel senso di gioia incondizionata e rivincita che ti riempie il cuore quando vedi in che genere di merda sociale si è trasformato chi ti ha rotto le balle per anni o che magari nel frattempo ha pure tirato le cuoia.
Non è un muro che si scavalca, non è una moda fatta di accessoristica, di grandi occhiali a lenti rettangolari ed abbigliamento hipster – è la metafora del Fail acclamato dalla maggioranza che si tramuta alchemicamente in Win mentre altrove avviene l’esatto contrario. E’ l’orizzonte spirituale ed intellettivo che trova il suo eguale materiale e si autocelebra nella presa di coscienza fiorendoin una nuova consapevolezza del Se.

Lo scatto, il *clack* che fa il cervello quando realizza che la diversità che ci deprimeva facendoci sentire inadeguati e di cui ci sentivamo in qualche modo prigionieri era semplicemente qualcosa che ci definiva Migliori della media.
Certo, di quegli interminabili anni di rotture di coglioni tutti noi che siamo nerd ne avremmo fatto a meno volentieri ma in fondo ci hanno trasformato in quello che siamo oggi (od in futuri omicida seriali): Noi all’imbecillità siamo sopravvissuti.

E di voi che è rimasto?

L’Armata dei Quarantenni

Il fascino della Ribellione non decade, si conserva nei cassetti con l’aiuto della naftalina o di generici antitarme.
Un tempo un preciso stile di vita, ora quasi una forma un po’ triste di cosplay dove ci si maschera dal Noi che fummo, metallari, rockers – fintamente fuori dal sistema, verosimilmente dentro un suo sottoinsieme. Venn Insegna.

La bandiera è quella maglia dei Manowar o dei Metallica comprata ad un Gods of Metal del millennio(cristiano) precedente, quella che portiamo in casa che è sfuggita alla presa di una moglie meticolosa mentre stava per essere trasformata in uno straccetto per la polvere. Scritte sbiadite da un improprio numero di lavaggi, senza più una forma precisa ma simboli immarcescibili di quegli anni che ci hanno definiti.

L’accompagna il ricordo di giornate torride, tasche vuote e sensi annebbiati da Ceres e cannabinoidi, trasferte impossibili, viaggi in treno interminabilmente magnifici e cessi ridotti peggio di una cloaca bangladese; per i più arditi, anche un foto fatta con una usa e getta a ritrarre volti cupi e l’indomita coppia indice/mignolo. Tre lettere: YEA

Oggi la birra fa gas, e non aiuta la gastrite cronica da stress e la digestione lenta, ma ci buttiamo lo stesso con determinazione addosso ad una media spinata in un bicchiere di plastica, non sa da un cazzo ed è ghiacciata come l’anima della Fornero, sappiamo che da li a pochi minuti ci condurrà secchi alla turca chimica, ma fa niente.

La fame la spegniamo addentando un tostino che ci siamo preparati a casa, avvolto in carta stagnola del discount, mestamente, in un angolo, per diminuire la propria visibilità, mentre le toppe dei Running Wild e dei Kreator cercano affannosamente di scollarsi da quel vecchio giubbetto di denim smanicato, per la vergogna.
E poco male se con l’altra mano imitiamo un tenue ondeggiare per fare addormentare il pargolo nel passeggino; sicuramente non saranno quelle manciate di migliaia di watt a tenerlo sveglio, no?

Stessi volti di sempre, molte più rughe e molti meno capelli, e la gente che si salutava con una bestemmia oggi si abbraccia  e si scambia odiose umidità sulle guance, ci si apostrofa blandamente e chi ha qualcosa da ricordare si atteggia a veterano della guerra cambogiana rimestando aneddoti sempre più esagerati e arricchiti di particolari clamorosi e discordanti.
Le luci del palco non si specchiano più su quegli occhi che sfidavano il futuro, ma su ampie pelate e chiome argentee – e mentre tutto sembra destinato ad aumentare il senso di un nostalgico ed ineluttabile degrado parte la musica e cancella ogni cosa che ho detto e scritto, la matematica svanisce e con lei il senso dei numeri e del tempo, il suono fa cagare, la musica spesso pure ma è Rock e l’Anima lo gradisce e gli sfinteri vibrano all’unisono tra suoni di chitarre distorte, guaiti e bestemmie senza finalità mentre scopriamo che i nostri 16 anni sono una condizione mentale magnificamente cronica.

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